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I nomi altalenanti delle cose

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Dicevano ogni volta: finalmente -
nel senso di un arrivo
o di partenze -
la strada luccicava della pioggia,
le gocce già gravide
di sole.
Entravano nei templi, in moschee -
o dentro chiese -
il sole luccicava sulla strada
i raggi già gravidi
di gocce.


  Cristina Bizzarri - 26/02/2015 21:44:00 [ leggi altri commenti di Cristina Bizzarri » ]

Sì Fausto hai ragione. Il gruppo indistinto, il Noi, e invece un Io che vive nel sole, nelle gocce di pioggia. L’Io Sono che credo dicesse Gesù, indicando sé per dire "ognuno". Gravido come le g. Grazie di avermelo fatto scoprire.

 Fausto Torre - 26/02/2015 21:06:00 [ leggi altri commenti di Fausto Torre » ]

la cifra di questo testo è in quelle due voci verbali: dicevano e entravano.
Al primo verso il lettore è messo nella condizione di fare il suo ingresso nel senso di distacco, di allontanamento del Narratore. Questo passaggio garantisce che la sensualità dell’esserci e di sentirsi parte di qualcosa sia pienamente trasmessa e convinca lo stesso lettore a partecipare di una riflessione che attinge un sorprendente conosciuto e tangibile, espresso dagli elementi naturali messi in gioco, quali si connotano di vigore impressivo e erotico in quelle sonorità g_ifformi.

 Cristina Bizzarri - 22/02/2015 19:42:00 [ leggi altri commenti di Cristina Bizzarri » ]

Franca, mi piace tanto come (mi) commenti, come (mi) percepisci, intuisci e senti. Non tanto perché sento che ti piace come scrivo - anche! - ma per come mi sento "còlta". Era proprio quello che volevo significare, così, come tu l’hai detto.

 Franca Alaimo - 22/02/2015 18:47:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

Ho letto, un po’ sbigottita, i vari commenti che, secondo me, hanno finito con il costruire troppe cose sulla tua volontà di dire, ricorrendo anche ad un abile costruzione formale che inverte immagini o che usa indifferentemente le parole (partire, entrare da o in diversi recinti religiosi), per chiedersi che cosa ci sia davvero dietro i nomi dati alle cose e alle idee. Di primo acchito leggo questo: dietro la diversità c’è un’idea ( in questo caso, Dio) ed ognuno la nomina e la segue o la scarta in base ai propri convincimenti. Tutto accade nei tuoi versi nella massima libertà, come a dire: ma perché litighiamo tanto: ebrei, cristiani, musulmani,buddisti,atei, eccetera? Già perché litighiamo tanto?
La colpa non è delle parole, ma di tutto il resto: economia, potere,
avidità e quant’altro che si servono delle parole per costruire una mentalità, dentro la quale l’uomo si muove come dentro un recinto chiuso, se non una trincea, e non in spazi aperti come quelli sacri della tua poesia, dove sole e pioggia si confondono. L’Universo deve ancora obbedire al suo significato etimologico. Le parole buone e belle si devono ancora "realizzare".

 Cristina Bizzarri - 22/02/2015 11:28:00 [ leggi altri commenti di Cristina Bizzarri » ]

Sono d’accordo Alberto,e, almeno per ora, la mia posizione di "osservatrice esterna" è quella che mi sembra la migliore per me, la più sincera. Questo non toglie che, a differenza di Lorenzo o di altri amici recherchiani, io sento il bisogno di Dio. Sì, lo dico in maniera semplice, con le parole più usate, quelle che ci hanno insegnato da bambini. Ciao Alberto e grazie del tuo intervento.

 Alberto Becca - 22/02/2015 09:19:00 [ leggi altri commenti di Alberto Becca » ]

C’è chi arriva e chi parte, c’ è la pioggia e la non pioggia, c’ è chi si ferma al nome delle cose e chi va in profondità sul significato del nome stesso, c’ è chi crede e chi non crede nel soprannaturale e nel creato e/o creatore: il problema è che nel sentire comune le persone umane sono catalogate, divise in categorie o gruppi (dalle quali si entra e si esce anche piu’ volte) è la sindrome dei "buoni" e "cattivi" Penso che la realtà umana sia molto molto piu’ complessa e misteriosa del nostro piccolo umile e impefettissimo modo di pensare o di percepire

  Cristina Bizzarri - 22/02/2015 08:40:00 [ leggi altri commenti di Cristina Bizzarri » ]

Grazie Nando. è una riflessione acuta la tua, un ragionare limpido che mette in guardia contro le generalizzazioni e i tranelli in cui può cadere chi crede di porsi al di là di del problema negandolo o rifiutandosi di vederlo. Invece il problema c’è e si chiama "mondo". Possiamo dire di appartenervi o di essere oltre la sua apparenza, oltre le regole e gli schemi definiti da una maggioranza. Ma non possiamo non essere all’interno del "verbo" che fin da un remoto inizio ci ha detti umani nel mondo. Così noi al suo interno viviamo e forse questa supposta contraddizione tra vero/ falso, giusto/sbagliato è solo un modo di manifestarsi delle cose. All’interno del linguaggio che ci informa e che informiamo stiamo come in un luogo originario dove le nostre parole, di ognuno di noi, abitano ed "errano". Quello che mi colpisce e mi impedisce di dirmi solo cristiana, per esempio, o solo qualcosa di definito e che si pone come unica lettura possibile e vera del mondo � la sensazione di un malinteso per cui bisogna per forza separare, definire, escludere anche se non in maniera violenta ma pur sempre con la violenza di chi si ritiene nel vero o che ritiene unico "quel" vero, che sia un’idea, una persona, una cosa o un dio. Nello stesso tempo mi rendo conto che non si può non interpretare, non definire, non delimitare concetti, opinioni, affermazioni. Allora anche chi dice di avere delle illuminazioni, o di "essere" e basta, non può fare a meno di pensare e di dire. E forse dire che "tutto ha un senso", non è poi così stupido e ingenuo, dato che, se "c’è", pur in un errore/errare, vuol dire che fa parte del mondo a pieno diritto e che le sue ragioni di essere così e non cosà hanno fondamenta e motivi complessi e validi! E, magari, anche il mio ragionamento pieno di buchi 

 Ferdinando Battaglia - 22/02/2015 01:32:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]

"Mi è sembrata adatta a dire che tutto quello che ci circonda va avanti senza bisogno di una "fede" o di una "verità" che non sia il loro stesso esserci".
Allora già stiamo partendo da una verità, la verità fenomenica dell’esserci, del mondo come manifestazione. Certo che stiamo precedendo il fenomeno definendo con un concetto: verità; ma la verità è fenomenica? O denominativa?
Il secondo punto è l’accadimento delle cose prima e al di fuori delle nostre nominazioni, delle nostre interpretazioni; ma siamo sicuri che un’interpretazione non interferisca se non con l’oggettività di un fenomeno, almeno con la sua percezione?
Qualcuno menziona il gioco dei bambini alternativo al concettualismo degli adulti nell’esperienza dell’esistere: ma forse l’infanzia è al di fuori del tempo o al di fuori del suo concetto stesso? O non sarà il concetto d’infanzia ad "informarci" rispetto ad una realtà "simile" ad altre realtà e quindi a "deformarcene" il segno?
Se invece introduciamo il concetto di Dio nell’esistenza, dell’Assoluto e del Trascendente, ancora meglio dell’autorivelazione di Dio molte tessere si ordinano "magicamente".
Dio concetto o realtà? Ma se al di sopra di ciò ci sarebbe il Nulla, al di sotto c’è il vuoto. Un vuoto privo di altrettante certezze.

Ciao, Prof..

P.S. Versione notturna non riveduta per la pubblicazione. Ci scusiamo con i lettori,

 cristiana fischer - 21/02/2015 19:10:00 [ leggi altri commenti di cristiana fischer » ]

scrivi: "avanti senza bisogno di una ’fede’ o di una ’verità’ che non sia il loro stesso esserci. Ma noi esseri umani abbiamo invece bisogno di nomi per dire le cose, e, con i nomi, di una qualche certezza"
infatti si comincia dalla dichiarazione "In principio era il verbo" e quel verbo fu anche inteso come le "forme" secondo cui tutto fu creato: il raddoppiamento della realtà ha una lunga storia (anche se non è l’unica) ma non per questo si deve finire nel nominalismo

 Cristina Bizzarri - 21/02/2015 18:51:00 [ leggi altri commenti di Cristina Bizzarri » ]

Sì Cristiana, ma non del tutto falsi. Semplicemente intercambiabili, mai definitivi. Sono partita da una riflessione sulla plasticità - lo dico adesso così! - dei nomi: in quali e quanti modi chiamiamo il non conosciuto, l’ineffabile, l’uno/tutto, eccetera eccetera. E tutti i dibattiti, le filosofie, le grandezze del pensiero e dei pensatori che - anche - hanno formato il nostro pensiero e le nostre diverse civiltà. E mi sono chiesta se sarà mai possibile dire: questa è la verità. Finalmente, come arrivo o partenza. Come quando noi si parte o si ritorna e ci si sente stanchi ma soddisfatti. E, in quel momento, ci sembra di aver toccato una qualche perfezione. per poi ripartire per qualche posto, reale o mentale ma comunque sempre in movimento. Così l’immagine della pioggia e del sole, che si alternano e spesso coesistono, mi è sembrata adatta a dire che tutto quello che ci circonda va avanti senza bisogno di una "fede" o di una "verità" che non sia il loro stesso esserci. Ma noi esseri umani abbiamo invece bisogno di nomi per dire le cose, e, con i nomi, di una qualcghe certezza ...
Ma il mio è un discorso da bar, da barista dell’APA ... :-)
Un saluto e un grazie a voi carissimi amici.

 cristiana fischer - 21/02/2015 17:46:00 [ leggi altri commenti di cristiana fischer » ]

false soluzioni, o riposi, nelle religioni, è così?

 Giovanni Baldaccini - 21/02/2015 17:39:00 [ leggi altri commenti di Giovanni Baldaccini » ]

colto da sfuggente stupidità, non colgo il senso, pur restando allarmato da rimandi non chiariti o forse, dato il tema, non chiaribili a moschee e affini. Comunque, mi piacciono i riflessi spalmati nelle gocce e viceversa (nessuno potrà mai dire con certezza quale sia il verso).

 Alessandra Ponticelli Conti - 21/02/2015 17:27:00 [ leggi altri commenti di Alessandra Ponticelli Conti » ]

Bellissima.
Complimenti Cristina!

 Rosa Maria Cantatore - 21/02/2015 17:12:00 [ leggi altri commenti di Rosa Maria Cantatore » ]

"nomina sunt consequentia rerum"...già, già.
Riflessione molto condivisibile la tua.
Poesia di "sostanza" con sprazzi lirici molto belli.
Ciao, Cristina;)

 Lorenzo Mullon - 21/02/2015 15:52:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

bisognerebbe non fermarsi ai concetti
e altalenare i giochi di senso come i bambini

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